Ipotermia: cause, sintomi e metodi di soccorso

Sommario

L’ipotermia è tra le patologie che si possono riscontrare in un soccorso tecnico. Questo pericoloso stato può verificarsi in una vasta gamma di situazioni. Ad esempio, dai climi invernali rigidi agli ambienti marini gelidi, passando per incidenti in montagna o esposizioni prolungate a venti freddi.
L’ipotermia richiede un soccorso tempestivo che può variare dalle cure di base sul campo alle terapie mediche più avanzate a seconda della gravità della condizione.
In questo articolo esploreremo le cause, i sintomi e i metodi di soccorso per affrontare l’ipotermia in diverse situazioni.

Cos’è l’ipotermia

L’ipotermia è una condizione medica in cui la temperatura corporea scende al di sotto dei livelli normali, indicativamente sotto i 35°C. Con questa temperatura corporea, il corretto funzionamento dell’organismo è compromesso. Questo disturbo può essere pericoloso e richiede un’attenzione immediata.

Ipotermia cause

L’ipotermia può verificarsi quando il corpo perde calore più rapidamente di quanto ne produca. Le cause comuni includono indumenti inadeguati per le condizioni climatiche, immersione in acqua fredda o esposizione a temperature estreme, ma anche situazioni di emergenza, eventi di carattere traumatico.
Per quanto riguarda invece i fattori di rischio fra questi ci sono l’età avanzata, malnutrizione, condizioni di salute precarie e uso di alcol o droghe.

Ipotermia sintomi

I sintomi dell’ipotermia possono variare a seconda della gravità del caso. Nelle fasi iniziali, una persona può sperimentare brividi, pelle fredda e pallida, intorpidimento delle estremità e una sensazione di stanchezza e confusione.
Con l’aggravarsi dell’ipotermia, i sintomi possono includere movimenti lenti, difficoltà nel parlare, respiro superficiale, battito cardiaco debole e perdita di coscienza.

Per poter rilevare la temperatura bassa di un paziente ipotermico avremmo necessità di termometri capaci di leggere valori inferiori a 35°C.

Purtroppo, questo non è possibile per i normali dispositivi acquistabili in commercio. A livello sanitario, ad esempio, si usano termometri sonda che vengono direttamente inseriti nel canale esofageo determinando un parametro molto preciso
Per i soccorritori non sanitari, o comunque senza l’aiuto di un termometro specifico, esiste un metodo per comprendere indicativamente la temperatura corporea di un soggetto ipotermico. Infatti, un aiuto fondamentale è dato dalla ricerca dei segni e dei sintomi manifestati dalla vittima.
I segni e i sintomi dell’ipotermia possono essere evidenziati in quattro stadi. Vediamo quali sono.

Primo stadio

Nel primo stadio, quello di ipotermia lieve, il paziente è sveglio, orientato e si evidenzia l’insorgenza di brividi. Inoltre, la temperatura corporea bassa è compresa tra i 32°C e i 35°C. Se si interviene rapidamente l’infortunato non ha complicazioni. Attenzione però a non sottovalutare i brividi. Per quanto siano efficaci come meccanismo di risposta nell’aumento della temperatura corporea, inducono comunque a un importante dispendio energetico con un potenziale distress cardiovascolare. Quindi, è consigliato somministrare barrette o gel energetici.

Secondo stadio

Nel secondo stadio di ipotermia, il paziente è letargico e spariscono i brividi. Inoltre, la temperatura centrale crolla (CORE) raggiungendo valori tra i 28°C e i 32°C. di conseguenza si manifesta un rallentamento di tutte le attività metaboliche, della frequenza cardiaca e viene compromessa la funzione cognitiva.
Il soccorritore, davanti ad una situazione del genere, deve cercare di mantenere sveglio l’infortunato stimolando così un riflesso catecolaminergico.

Terzo stadio

Nel terzo stadio di ipotermia il paziente è incosciente. Inoltre, la temperatura corporea molto bassa è inferiore a 28°C In questa gravissima situazione il cuore diventa eccitabile aumentando cosi il rischio di incorrere in un arresto cardiaco. Avendo una bradicardia severa diventa difficile percepire qualsiasi polso. Infatti, si consiglia di osservare e parametrare il polso carotideo sulla base piena di un minuto.

Quarto stadio

Infine, nel quarto stadio di ipotermia il paziente in arresto cardiaco con una la temperatura centrale è compresa tra i 24°C e i 15°C. Il soccorritore avvia le procedure di rianimazione.

Ipotermia cosa fare

Quando si sospetta un caso di ipotermia, è fondamentale agire prontamente. La società Wilderness Medicine, con un team multidisciplinare, ha sviluppato delle linee guida per il trattamento del paziente ipotermico in ambiente extraospedaliero. In queste linee guida viene definito come prioritario il riscaldamento attivo e passivo, l’avviare procedure di supporto alle funzioni vitali di base e assicurare un trasporto adeguato della vittima.

Fase operativa del soccorso: sicurezza della scena

Per quanto riguarda le procedure di soccorso in caso di ipotermia è fondamentale capire il luogo dove si sta operando perché la sicurezza degli operatori deve essere sempre garantita. Una volta effettuata la valutazione bisogna procedere alla messa in sicurezza del paziente.

Schema di intervento in caso di ipotermia

Fase di riscaldamento attivo e passivo

Successivamente, nelle procedure di soccorso in caso di ipotermia, si procede con la fase di riscaldamento. In questa fase bisogna adottare tutte le tecniche e i presidi per isolare il paziente. Attenzione alla movimentazione che potrebbe generare la cosiddetta “morte da soccorso” scatenando un “after drop”.

Mai commettere l’errore di riscaldare la vittima partendo dalle estremità.

Infatti, il paziente deve essere mantenuto in posizione orizzontale e le procedure di riscaldamento devono partire dal centro del torace. Questa pratica potrebbe indurre vasodilatazione con conseguente calo della pressione sanguigna. Quindi, il ritorno di sangue venoso freddo e acidotico al muscolo cardiaco ne provoca l’arresto e la morte.
Attenzione anche alla diuresi da freddo, in quanto potrebbe altresì indurre il paziente in shock ipovolemico.
Inoltre, se il paziente è sonnolento, il soccorritore, deve provare a tenerlo in una condizione di veglia mantenendo lo stimolo catecolaminergico.
Proteggere la testa dalla dispersione di calore essendo causa di perdita di calore per il circa il 40%.

Per la fase di riscaldamento passivo utilizzare coperte, telini isotermici, bivvy bag e shell antivento.

L’utilizzo di questi dispositivi nel trattamento dell’ipotermia è molto utile per evitare ulteriori dispersioni di calore.

Bivvy bag utilizzata nel trattamento dell'ipotermia
Bivvy Bag
telino isotermico utilizzato nel trattamento dell'ipotermia
Telino isotermico

Invece, per quanto riguarda la fase di riscaldamento attivo, è consigliato prediligere pack di caldo istantaneo, teli autoriscaldanti e convettori d’aria calda. A questo proposito gli americani hanno introdotto gli HPMK (Hypothermia Prevention Management Kit).

Esempio di HPMK

L’utilizzo degli HPMK è consigliato anche dal CoTCCC per la prevenzione dell’ipotermia durante l’assistenza ai feriti. Infatti, il sistema brevettato HPMK® ha un guscio rinforzato e resistente, termoriflettente, flessibile, leggero e, infine, impermeabile al vento e alla pioggia.

L’HRS™, il guscio esterno rinforzato del kit, è costituito da un tessuto composito a 4 strati.

Uno degli strati è riflettente, non conduttivo e ha una funzione protettiva che fornisce un eccellente isolamento termico.
Il dispositivo permette anche un accesso rapido a 360° all’infortunato con un’esposizione minima agli elementi. Questo è possibile grazie al l’uso di chiusure a strappo continue da 1,5 pollici situate lungo il perimetro della copertura.
Inoltre, l’HRS™ è dotato di cappuccio integrato, imbottitura per l’assorbimento dei liquidi e forma affusolata dall’alto verso il basso per massimizzare le capacità isotermiche.
Infine, la fonte di generazione del calore dell’HPMK è un rivestimento esterno autoriscaldante. La produzione di calore è attivata dall’ossigeno e progettato per sostenere 10 ore di calore secco continuo senza alcuna necessità di alimentazione esterna.

Le vittime di ipotermia hanno ottime possibilità di sopravvivenza se opportunamente trattate.

Vi sono evidenze in letteratura di soggetti che sono sopravvissuti, senza conseguenze cerebrali, ad arresti cardiaci che hanno superato i 30 minuti. Infatti, un arresto cardiaco prolungato, in paziente ipotermico, non necessariamente determina lesioni cerebrali come quello che potrebbe subire un paziente normotermico.
Da qui la famosa definizione: il paziente non è morto fino a quando caldo e morto!

Per altre patologie riscontrabili nel soccorso industriale ti consiglio di leggere l’articolo sulle patologie tempo dipendenti.

Articolo scritto in collaborazione con Marco Cerminara, Emergency & Clinical Specialist.

Marco è uno Specialista in Soccorso avanzato in emergenze Extraospedaliere. Da diversi anni si occupa di formazione in emergenza extra-ospedaliera operando soprattutto in ambiente impervio e nel sistema territoriale d’emergenza-urgenza 1-1-8/1-1-2.
Lo studio della medicina e l’esperienza sul campo gli consentono di poter mettere a disposizione il know how acquisito. Collabora con diverse figure professionali nella ricerca di soluzioni e procedure idonee applicabili in caso di emergenza sanitaria.

Per informazioni tecniche o commerciali sui dispositivi per la gestione dell’ipotermia Contattami

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